Una interessante analisi di Federico Fubini sul Corriere della Sera apre gli occhi alle imprese italiane che, tabelle alla mano, pagano le bollette più alte d’Europa.

Attraverso il grafico realizzato dall’Università Milano Bicocca si scopre non solo che l’Italia ha i prezzi dell’elettricità più alti d’Europa ma, peggio ancora, che più i prezzi tornano verso la normalità con la fine della crisi energetica, più lo svantaggio di prezzo dell’Italia aumenta.

Addirittura nel gennaio scorso il prezzo medio italiano, misurato alla Borsa elettrica, era già risultato di un quarto sopra la media europea e in maggio è salito a più del doppio.  

Fra le conseguenze più gravose per l’economia italiana, il fatto che la nostra produzione industriale continua a scendere dall’inizio del 2021, principalmente perché si è dovuta ridurre la produzione nei settori che consumano più energia, che è in gran parte elettrica. «Ridurre il costo dell’elettricità – conclude giustamente Fubini – è dunque la prima riforma: serve per la crescita e per la creazione di posti di lavoro retribuiti in modo dignitoso nel Paese». 

Ma come farlo? Un modello arriva dalla Spagna, dove l’incremento costante delle fonti rinnovabili sta dando buoni risultati: l’elettricità da metano in maggio è costata in Italia 95 euro a megawattora, quella da rinnovabili è costata in Spagna 37. Il centro studi Bruegel indica che in Spagna per le grandi imprese energivore la bolletta pesa praticamente la metà che in Italia. E sappiamo bene che la Puglia o la Sicilia possono produrre solare o eolico tanto quanto le pianure iberiche. Se solo lo si volesse fare…

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