Ultime ore in India per lo scrutinio che dovrà sancire, o meno, la riconferma del presidente Narendra Modi alla guida del Paese. Secondo le prime indicazioni di queste ore, la coalizione che sostiene il primo ministro, e così pure il suo partito, Bharatiya Janata Party (BJP), sembra indirizzata a ottenere la maggioranza nel nuovo parlamento, garantendogli un terzo mandato.

Benché le sue origini provengano dal Partito Popolare Indiano, il leader settantatreenne non ha dato prove evidenti di democrazia dal 2014, quando venne eletto per la prima volta alla presidenza dell’India.  Basti ricordare che  all’indomani del suo insediamento fra le prime azioni di governo ci fu quella di modificare i metodi di calcolo del PIL, interrompendo il flusso dei dati dal Ministero del Lavoro, il che gli ha consentito fino ad oggi di modificare artificialmente il dato sulla crescita economica.

Ma gli indicatori internazionali attestato per l’economia dell’India una situazione ben diversa da quella imposta da Modi. Ad esempio, nell’Environmental Performance Index, l’India è passata dal 140esimo al 170esimo posto, mentre si registrano ulteriori tagli ai bilanci già molto bassi per la sanità e l’istruzione (rispettivamente 1,2% e 0,6% del PIL) e ad altre spese sociali, quali sussidi all’occupazione, stanziamenti per le mense scolastiche, piani per l’accesso all’acqua potabile.

Non è ancora detta l’ultima parola, ma certo gli aspetti marcatamente autoritari del governo di Modi, cominciando da ferree limitazioni sulla stampa e sulla circolazione delle idee, non hanno favorito l’ascesa piena del principale partito di opposizione, I.N.D.I.A., guidato da Rahul Gandhi, che i sondaggi di questa mattina danno in  crescita, ma comunque dietro al partito di governo. Staremo a vedere.

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