Prosegue la pubblicazione a puntate de “La Pace Possibile”, convegno organizzato dalla Fondazione Salvemini a Roma, in Piazza Montecitorio, nel settembre 2011. Dopo Mario Sechi e Renato d’Andria, ascoltiamo la prima parte dell’intervento di Elio Veltri, a lungo senatore, autore di numerosi libri di successo, che rende omaggio alla figura di Gaetano Salvemini.

ELIO VELTRI

DEMOCRAZIA LEGALITÀ

Ho avuto il privilegio di aver vissuto almeno dieci anni a contatto con una persona del Cerchio Magico di Gaetano Salvemini. Questa persona era Paolo Sylos Labini, che mi ha parlato molto e costantemente di Salvemini.

Quello di Salvemini era un Cerchio Magico vero, perché c’era Carlo Rosselli, c’era Calamandrei, c’erano Sylos Labini, Ernesto Rossi e a distanza, con un contatto epistolare continuo, c’era don Luigi Sturzo. Giganti del pensiero, combattenti per la libertà. Qualcuno è stato assassinato, altri sono stati in galera. Dediti esclusivamente al bene comune.

Io farò un intervento di citazioni, seguendo alcune date che indicano la biografia di Salvemini. E poi soprattutto mi soffermerò sui rapporti di Paolo Sylos Labini con Salvemini, negli Stati Uniti e in Italia.

Una citazione seria di Salvemini con la quale voglio iniziare è questa: «Noi non possiamo essere imparziali, possiamo solo essere intellettualmente onesti, l’imparzialità è un sogno, la probità un dovere».

Salvemini a 28 anni diventa titolare della cattedra di storia moderna, nel 1925 firma il manifesto degli intellettuali di Croce e nel 1925 fonda con Carlo Rosselli “Non mollare”, rivista di op- posizione al fascismo. Uno dei grandi amici di- venta Ernesto Rossi.

Ernesto Rossi aveva avuto delle grandi debolezze per Mussolini e per il fascismo, aveva scritto per tre anni sul “Popolo d’Italia” e ad un certo momento scrive, nell’ultima parte della sua vita: «Se non avessi incontrato Salvemini che mi ripulì il cervello, sarei sdrucciolato anche io nel fascismo». Ecco, questo merito grande lo riconosce a Salvemini Ernesto Rossi.

Salvemini viene arrestato a Roma. Nel ‘25 c’è un’amnistia che gli consente di fuggire e va a Parigi. Comincia una vita movimentata, da Parigi a Londra e in America, a fare conferenze. Pensate, sembra incredibile: oggi ci sono le televisioni, i grandi mezzi di comunicazione, ma nessuno rie- sce a mobilitare l’opinione pubblica internazionale. Salvemini in America, da solo, in alcune occasioni, grazie al sostegno degli intellettuali, di grandi scrittori, professori universitari ecc., ha mobilitato l’opinione pubblica quando si trattava di prendere posizioni contro il fascismo, eppure allora bisognava scriversi e non c’erano grandissime possibilità di comunicare.

E poi continuo con un’altra citazione: «In Italia ho visto con i miei occhi come opera la dittatura, ma prima ancora avevo visto come operano le istituzioni democratiche, queste ultime erano piene di difetti ed io ho attaccato senza risparmio i loro difetti. Non desideravo distruggerle, non sto dicendo che mi sbagliavo, dico che non è sufficiente avere ragione. Ora guardo con rimpianto a quelle istituzioni democratiche che possedevano così tanti difetti, ma che mi garantivano il diritto di critica e mi proteggevano mentre esercitavo questo diritto, ed è soltanto quando l’aria e la luce iniziano a ridursi che uno si rende conto di quanto siano preziose». Questa è una riflessione che dovrebbe essere fatta oggi, e soprattutto dovrebbe essere fatta con i giovani.

E poi Salvemini scrive un’altra cosa che vi voglio leggere, perché è l’unico accenno che farò alla politica di oggi: «L’assunto fondamentale della dottrina democratica è l’umiltà, l’umiltà è la via maestra per la tolleranza e la libertà; l’intolleranza, in ogni forma di dittatura fascista o comunista, politica o religiosa, nasce dall’unica fonte  comune di tutte: l’orgoglio. Colui che è convinto di possedere il segreto sicuro e infallibile per rendere gli uomini saggi e felici, è sempre pronto ad uccidere. Robespierre era un uomo incorruttibile e nutriva una fede incrollabile nella propria virtù. Non c’era nessuna differenza, da questo punto di vista, tra lui e l’inquisitore di cui El Greco ci ha lasciato un così eloquente ritratto».

Non è un caso l’accenno a Robespierre. Uno dei più bei libri di Salvemini sulla Rivoluzione francese finisce nel 1792. Quello che è accaduto dopo, il Terrore e tutto il resto, Salvemini non l’ha considerato parte della rivoluzione.

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