Sono aperte dal questa mattina le urne in Iran per sostituire il presidente Ebrahim Raisi, morto in un incidente aereo il 9 maggio scorso.

Sessantuno milioni sono gli elettori per un’elezione presidenziale che vede in corsa quattro candidati: tre conservatori ed un riformista.

E’ stato l’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, a dare il via alle elezioni alle 8 del mattino esprimendo il suo voto in un seggio di Teheran. Se nessuno dei quattro candidati otterrà il 50 per cento dei voti, il 5 luglio si terrà un secondo turno. 

La sorpresa potrebbe arrivare dall’unico candidato riformista, Massud Pezeshkian, un deputato semisconosciuto di 69 anni che è stato autorizzato a candidarsi dal consiglio dei guardiani della costituzione. 

Pezeshkian, un medico di origine azera, una minoranza del nordovest del paese, ha ridato speranza al campo riformista, schiacciato negli ultimi anni dai conservatori e dagli ultraconservatori. 

I candidati più accreditati sono il conservatore Mohammad Bagher Ghalibaf, presidente del parlamento, e l’ultraconservatore Said Jalili, ex negoziatore del programma nucleare iraniano. 

Le forze democratiche, anche quelle occidentali, puntano ovviamente su Pezeshkian, benché sia noto che in Iran i poteri del presidente sono estremamente limitati. A lui infatti va solo il compito di attuare, in quanto capo del governo, la linea politica dettata dalla guida suprema, che è il capo dello stato.

L’evento è seguito con attenzione all’estero in un momento in cui l’Iran, un peso massimo del Medio Oriente, è al centro di una serie di crisi geopolitiche, dalla guerra nella Striscia di Gaza alla questione nucleare, è in contrasto con i paesi occidentali. 

I risultati ufficiali saranno annunciati entro il 30 giugno, ma quelli parziali potrebbero arrivare già il 29. 

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